mercoledì 29 febbraio 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile.

Questa non vuole essere una recensione cinematografica. Ho appena visto un film stupendo: Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Roberto Faenza, tratto dall'omonimo bestseller di Peter Cameron.

Un film intenso eppure leggero. Non è facile raccontare con tanta grazia le assurde contraddizioni che ci circondano ogni giorno. I personaggi sembrano in parte caricature di determinati stereotipi eppure non lo sono, se ci rifletti vedi che nulla è davvero eccessivo, che ci sono davvero persone semplicemente così. Superficiali, perse, disoneste con se stesse.

Ad arricchire la bellezza già intrinseca della storia gli ambienti, luoghi in cui è difficile non desiderare di vivere, la colonna sonora perfetta, i costumi assolutamente adorabili. Tantissima poesia racchiusa nei dialoghi a volte con spunti davvero geniali e battute irresistibili.

"Sarà questo il prezzo da pagare per stare con un teorico della linguistica".

Adorabile, delizioso, profondo. Uno di quei film che ti lasciano il sorriso dentro. Eppure viene classificato come "drammatico". E' lì che vedi quanto sia straordinario.

mercoledì 15 febbraio 2012

Ci sono delle regole.

Ogni persona ha delle regole, una specie di manuale di istruzioni. Alcune persone li hanno compatibili, allora quando si incontrano sono felici, perchè sanno rendere felice l'altro senza grande sforzo. E' meravigliosamente naturale. Altre no, non sono compatibili. Se mi guardo intorno vedo tante coppie. E tante mi sembrano persone che non sono così compatibili in realtà, ma che hanno fatto il ragionamento "questa persona ha questi difetti, tanto vale imparare a conviverci, un'altra persona ne avrà altri". E le coppie durano, negli anni. Felici a metà. A me la metà della felicità non basta, io quel ragionamento lì non riesco a farlo. O sono felice o da sola, fortunatamente, sto benissimo.

Stasera mi sono anche dovuta sorbire le esternazioni qualunquiste, e maschiliste, di un siciliano fastidioso. Fastidio profondo, ma davvero profondo. Quelli che insinuano e giudicano e sputano sentenze. Senza nemmeno conoscerti. Come se le persone fossero tutte uguali e intercambiabili. No, non lo sono. Se per te trattar male una donna vuol dire volerle bene... bè amico, è un problema tuo. E poi, perchè me lo racconti?

Anch'io ho delle regole, una specie di manuale di istruzioni. Qualcuna la scrivo qui, così, giusto perchè stasera non ho voglia nè di stirare nè di lavorare.

1. Abbracciami. Abbracciami tanto. Quando mi hai vicina, abbracciami. In silenzio.
2. Ridi con me.
3. Sii leggero, i problemi sono bolle, trattali come tali, non renderli macigni.
4. Se mi togli il sorriso io me ne andrò. Il sorriso è importante, serve ogni giorno.
5. Se non ti rispondo sul cellulare non ti risponderò sul fisso, e viceversa.
6. Se mi chiami, abbi qualcosa da dirmi. Anche una stupidaggine, ma qualcosa. Le chiamate a vuoto mi irritano.
7. Se non sai sorprendermi mi annoierai. Io mi sorprendo spesso.
8. Non raccontarmi pettegolezzi, non mi interessano, preferisco i dialoghi diretti tra persone. I pettegolezzi mi annoiano.
9. Riempi i  miei occhi di cose belle.
10. Io da sola sto bene, benissimo. Se condivido il mio tempo con te non lo sgualcire.
11. Se dico no è no.
12. Se non ho voglia di fare una cosa non forzarmi. Otterresti la reazione opposta e contraria, la stessa che otterresti da una monella di 2 anni.
13. Io sono vendicativa in anticipo. Non provarci nemmeno a sfidarmi, ho vinto prima ancora che tu iniziassi a giocare.
14. Non sono curiosa, non mi incuriosirai, lasciami direttamente senza parole.
13. Amo Parigi.
14. Sono una tipa da spiaggia. Vivrei in pareo e infradito, sempre con la pelle dorata e splendente al sole. Forse doveva essere questa la numero 1...

E per il momento è tutto direi. Sembrano cose stupide. Probabilmente lo sono.

domenica 12 febbraio 2012

Uomini da dimenticare.

- Secondo me è meglio se non ci sentiamo per un po'.
- Mi hai cercata tu... (Peraltro dandomi fastidio).

Certe persone non sono persone. Sono ossimori.

domenica 5 febbraio 2012

Parlami

Parlami di sogni, di mete da scoprire, di partenze folli il venerdì sera, quando mi porterai via avvolta solo di magnifica e perfetta sorpresa. Parlami di anima e di crescita spirituale. Parlami di grandi uomini e di grandi donne, del patrimonio che ci hanno lasciato, parlami della ricchezza di un ricordo. Parlami della tua terra con amore e devozione, mostrami i luoghi che ti hanno reso chi sei, quelli su cui ti soffermi con lo sguardo poichè per te sono densi di significati, panchine anonime ai più che si fanno frammento di esistenza. Parlami di un libro, di un film, di una canzone, di un luogo che ti hanno estasiato, fammeli conoscere con i tuoi occhi e con le tue parole, incuriosiscimi al punto che voglia renderli miei. Parlami di felicità inebriante, di un desiderio che sta per essere soddisfatto, di quel passato che segna il presente.

Abbandona i fantasmi, i problemi sempre uguali perchè mai affrontati, le vecchie insicurezze. Abbandona il pettegolezzo, e tutto il suo chiacchiericcio superficiale, le storie immaginate di persone di cui nulla mi importa.

Parlami con i colori della natura. Parlami col suono delle onde che accarezzano il bagnasciuga.

Never say neve. cit.

Ho una teoria, assolutamente non basata su fatti reali ma solamente su sensazioni mie e pensieri privi di ogni tipo di fondamento o sistematica conferma empirica. La mia teoria è la seguente: ami di più la stagione in cui sei nato. Lo so, è folle. Comunque, io, che sono nata a fine luglio sono una tipa da spiaggia. Vorrei vivere in pareo e infradito, passando da una partita a beach volley a una spalmata di unguento super abbronzante a un mojito con sottofondo di musica chill out. Insomma, continuare a vivere a Torino, con il suo clima, è un atto di eroismo autolesionista da parte mia, che non tiene conto delle mie inclinazioni naturali. Spero che un giorno tutto questo cambierà, che aprendo la finestra vedrò il mare e che la cosa più pesante del mio guardaroba sarà un giubbotto di jeans. Chissà.

Da qualche giorno qui fa un freddo polare, con temperature record e n disagi collegati al gelo e al maltempo. Treni in ritardo, morti per ipotermia, case senz'acqua (gelata nei tubi), nè luce. Nonostante i guanti mi diventano le mani viola e a volte ho paura di perdere l'uso delle dita. Vorrei solo essere Mago Merlino nell'atto di recitare: Honolulu arrivo!, invece mi confronto con questa quantità abominevole di neve a cui è seguito di conseguenza il ghiaccio, visto che siamo ampiamente sotto lo zero come temperature. E tutti quelli che dicono: oh che bella la neve. Sì, la  neve è bella se puoi godertela sciando o da dietro la finestra di una casa calda, con una tazza bollente di un qualche intruglio in mano. In città la neve non è bella, è un fastidio, un disagio, un rompimento di scatole. Ti inzaccheri completamente e se per lavoro devi andare in giro tutto il giorno ti tieni anche i piedi bagnati tutto il giorno. Non parliamo del guidare o del camminare sul ghiaccio, per cui finisce che guardi in continuazione a terra e chi guarda solo per terra si perde davvero moltissime cose, ma diventa una questione di sopravvivenza.

A me la neve fa venire in mente 3 cose:

1. il racconto L'anno del tempo matto di Stefano Benni, ambientato nel meraviglioso paese di Sompazzo.
2. Una nevicata straordinaria risalente ai tempi in cui andavo all'asilo in Corso XXV Aprile ad Asti, gruppo rosso. Traffico bloccato, strade impraticabili e io che aspettavo che venisse a prendermi mia madre stando in piedi su un davanzale (interno) delle grandi finestre del corridoio al piano terra dell'asilo, con la maestra Clelia che teneva un braccio intorno alle mie gambine di bambina. Poi arrivò mamma, perchè mamma arriva sempre, neve o no.
3. Un servizio di qualche anno fa del Tg3 Piemonte. Il nostro grande giornalista Gianfranco Bianco, la lingua più veloce del west, secondo me un uomo sempre desideroso di nominare la "Val Varaita" (vedi teorie senza fondamento in cui mi diletto), andava a Torino, in piazza Castello, dopo una gran nevicata a intervistare gli spalaneve. Tra loro, c'era un uomo marocchino. Bianco gli si avvicinò e gli chiese: "è la prima volta che vede la neve?". Domandone, non c'è che dire. Momenti di grande giornalismo. Il nordafricano, anche un po' spazientito, ché uno se è immigrato non è per forza cretino, rispose: "No, sono dieci anni che vivo in Italia". Ricordo che quel servizio mi turbò non poco. Ero davvero basita di fronte alla demenza manifesta di Bianco.

Ah, c'è un'altra cosa. Ogni volta che nevica in Italia, in maniera un po' più decisa della spruzzata di mezza giornata, ho come la sensazione che siamo preparati alla neve più o meno come il Burundi.